Molte aziende hanno già intrapreso la via del brand journalism.
Cos’è? In una fase in cui ci si è abituati a parlare di storytelling o storydoing, entra in scena il brand journalism o giornalismo d’impresa.
Si tratta – come ricorda in un’intervista Carlo Fornaro, esperto di comunicazione d’impresa e co-autore per Hoepli di “Professione Brand Reporter. Brand Journalism e nuovo storytelling nell’era digitale” – di «una tecnica di comunicazione che prende esattamente le mosse dal giornalismo e ne usa strumenti e tecniche, applicandoli alla comunicazione d’impresa».
Ha a che fare con i tradizionali publiredazionali? Assolutamente no.
Quelli sono articoli sponsorizzati a pagamento con i quali, grazie all’intervento di un giornalista tradizionale, l’azienda racconta un po’ di sé e dei suoi successi, in una sorta di autocelebrazione che, ogni tanto, non guasta. Quello che cambia davvero con il brand journalism è la sistematicità con cui azienda e brand si dedicano a fare informazione.
Quando un’azienda, o almeno il suo reparto media, si dedica al brand journalism, diventa un editore vero e proprio: ha bisogno di pensare a tempi e canali di distribuzione per i suoi contenuti, a un calendario editoriale e a strategie ad hoc per la ridistribuzione di contenuti vecchi o già pubblicati.
In poche parole, le aziende diventano delle vere e proprie media company.
È stata «la rivoluzione digitale» ad aprire una comunicazione a due linee con cittadini, consumatori, elettori, utenti. Pare non sia più possibile scegliere un contenuto, un canale, un codice o puntare semplicemente su un target. I mercati sono conversazioni e se i cittadini vogliono parlare con l’azienda e l’azienda non vuole farlo, si è destinati all’insuccesso.
Bisogna fare un’altra distinzione tra giornalismo d’impresa e content marketing.
Quest’ultimo si basa sulla produzione e distribuzione di contenuti di valore che generano domanda di mercato.
Il giornalismo d’impresa è una narrazione finalizzata alla conoscenza della marca e alla fidelizzazione dei suoi valori.
Entrambi puntano alla fiducia e alla credibilità e devono comunicare benefici per le persone.
L’azienda è un’organizzazione che, anche se non ne è consapevole, racconta una storia, tanto che questa forma di storytelling “ignorato, ma presente” delle organizzazioni è un fenomeno che, chi lavora in azienda, non dovrebbe ignorare. Lo scopo del brand journalism è raccontare la vera essenza dell’azienda e farlo con un approccio che trasforma l’organizzazione in una media company.
È quello che da anni fa Red Bull, che non ha più un sito d’informazione sulle qualità organolettiche della bevanda, ma è un vero e proprio magazine sugli sport estremi, forse uno dei più importanti oggi nel settore. Del resto se pensiamo al claim “Red Bull ti mette le ali” è subito match tra promessa di marca e realtà presentata.
Spazio, allora, a tabloid, newsletter aziendale, blog, Monografie d’Impresa.
La storia di un’azienda raccontata attraverso le sue fasi, le testimonianze di chi l’ha vissuta e ne ha assaporato successi e fallimenti, documentata con immagini, scatti che eternizzano il passato e lo rendono attuale al punto da essere protagonista di un volume che parla, comunica, rappresenta, diventa oggettivamente possibile.
Il Capitale Umano è il punto di forza di ogni organizzazione ed è ciò che fa funzionare qualsiasi impresa, perché, diciamocelo: senza i collaboratori, i Manager, i Proprietari d’Impresa farebbero gran poco.
Nel mondo 4.0. ci sarà posto per i robot?
Non ne sono così sicura, ma di una cosa sono certa, perché lo dicono gli studi compiuti in merito alle competenze che non possono mancare: l’intelligenza emotiva è al 6°posto tra le 10 skills che nessuna azienda del futuro potrà permettersi di non avere.
Quando si parla di emozioni, si parla di narrazioni, incontri, racconti, storie.
Ecco che l’azienda fa informazione raccontando chi è e dove vuole andare, ma lo fa come fosse il giornalista di sé stessa, seguendo una linea editoriale ben precisa. I nuovi lettori sono gli utenti finali così informati e coinvolti nel destino del brand.
Maria Cristina Caccia
Giornalista pubblicista, Storywriter & Editor
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