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Memorabili Imprese di Veronese Coraggiosi. Verona 28 ottobre 2013

“Viviamo in un periodo storico in cui più che mai si avverte un distacco generazionale tra noi, i nostri padri e i nostri figli”. E’ questo l’incipit del discorso con cui il professor Magagnino apre il suo intervento a Verona, presso il palazzo della Gran Guardia, in occasione del convegno “Memorabili Imprese di Veronesi Coraggiosi”. Il docente di comunicazione d’impresa dell’Università di Verona afferma che una delle principali cause di questo gap generazionale risiede nella “mancanza di opportuni canali di trasmissione culturale”, che porterebbe lentamente la tradizione a soccombere di fronte ai rapidi cambiamenti in corso a livello globale.
Eppure il titolo del convegno, “memorabili imprese”, induce a pensare che queste aziende, ma soprattutto le loro storie, siano di grande interesse per il pubblico (ipotesi confermata dall’ingente affluenza al convegno, anche di autorità e imprenditori) e che meritino un degno riconoscimento oppure, quantomeno, meritino di sopravvivere all’oblio della memoria.

Lo sguardo al passato che dà valore al futuro: heritage marketing e monografia istituzionale d’impresa

Gli strumenti di trasmissione culturale per valorizzare l’immenso patrimonio storico posseduto dalle imprese ci sono e fanno parte del cosiddetto “Heritage Marketing” (marketing dell’eredità); questa è una forma di marketing che punta a comunicare il nuovo, rivisitando la tradizione delle imprese. Gli strumenti heritage comprendono: l’istituzione di archivi storici e musei aziendali; iniziative di comunicazione come eventi celebrativi dell’heritage; iniziative economiche come il merchandising heritage e la ri-produzione di nuovi prodotti. Il valore di questi strumenti è principalmente quello di essere unici e irripetibili, permettendo all’impresa che ne faccia uso, di distinguersi sul mercato dai suoi competitor. A questo va aggiunto il ritorno di immagine che iniziative di questo tipo forniscono; dimostrando infatti a stakeholder e competitor di avere una solida storia alle spalle e di prendersi cura di essa, l’impresa crea fidelizzazione verso di sé e fa aumentare la fiducia di consumatori, investitori e collaboratori, perché appare come un soggetto economico del quale “ci si può fidare”.

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Mario Magagnino

Della gamma di strumenti heritage fa parte anche la monografia istituzionale d’impresa. Si tratta del volume che un’azienda pubblica, autonomamente o appoggiandosi ad un editore, in cui racconta la sua storia ed evidenzia qual è la sua heritage, la sua eredità. La monografia per Magagnino rappresenta la punta di diamante di questi strumenti, proviamo a vedere perché: innanzi tutto, è lo strumento che meglio può incorporare tutti gli altri (infatti al suo interno, oltre alla storia, si può raccontare, anche per immagini, del proprio museo aziendale o degli eventi tenuti in occasione di date importanti); inoltre, è anche lo strumento più diffondibile al pubblico e quindi quello che potenzialmente può raggiungere più audience.
Purtroppo, la monografia è anche tra gli strumenti meno sfruttati e, sempre secondo Magagnino, questo avviene a causa di una mancanza di “cultura” sull’argomento.

Infatti, in occasione dell’evento alla Gran Guardia, il professore ha dichiarato che “quasi in tutte le aziende c’è una monografia d’impresa, solo che pochi sanno chiamarla così”. Probabilmente non molte aziende hanno davvero la loro storia raccontata in formato libro, ma sicuramente, in quelli che Magagnino definisce “magazzini pieni di polvere”, esistono preziosi documenti, vecchie fotografie e forse anche molte “storie” da raccontare, magari insite nella memoria di qualche vecchio dipendente.

 La nascita dell’OMI e del Premio OMI per la miglior monografia istituzionale d’impresa
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La mission dell’Osservatorio

Allo scopo di diffondere meglio l’uso dello strumento monografico, Magagnino in collaborazione con l’agenzia di comunicazione Sartori,Russo&CO. e l’Università di Verona ha istituito nel 2011 l’OMI, Osservatorio Monografie Istituzionali d’Impresa. Con questo osservatorio il professore e i suoi collaboratori intendono catalogare e archiviare il maggior numero possibile di monografie d’impresa presenti sul panorama nazionale, diventando al tempo stesso promotori di questo strumento e dello storytelling aziendale in generale.
Magagnino punta molto sulla monografia come strumento di comunicazione d’impresa, che, secondo alcune stime, avrebbe un mercato in grado di creare un interessante indotto economico.

L’OMI ad oggi ha già raccolto e catalogato oltre cinquecento opere riscontrando un discreto successo tra imprenditori ed esperti del settore, tanto da aver già organizzato un Premio OMI nel 2013 per la miglior monografia d’impresa, primo premio di questo tipo a livello nazionale, il cui successo ha motivato gli addetti ai lavori a realizzarne la seconda edizione.
In occasione dell’evento alla Gran Guardia sono emersi alcuni dati interessanti, che confermano la validità del lavoro svolto fino ad oggi dall’OMI:

  1. uno dei settori economici in cui la tradizione di famiglia è più forte, specialmente nel nordest, è quello dell’ agro-alimentare (case vitivinicole e industrie alimentari di tutti i tipi); tra le monografie in archivio, OMI, riscontra una notevole presenza di questo settore, segno forse che la monografia ha più facile diffusione dove, oltre la storia di un’azienda, c’è da raccontare anche quella di una famiglia;
  2. le storie delle aziende infatti, sono principalmente storie di persone; l’OMI ha sempre sostenuto la monografia come strumento in grado di far risaltare l’importanza del fattore umano nelle aziende, fattore di primo piano anche alla Gran Guardia: Alessandro Fedrigoni, presidente di Fedrigoni Cartiere, si è commosso mentre alla tavola rotonda raccontava la storia dei suoi dipendenti, grazie ai quali la fabbrica riuscì a ripartire nel dopoguerra. Il valore dato ai dipendenti da Fedrigoni è testimoniato anche dall’inserimento di nomi e cognomi di tutto il personale proprio in chiusura della monografia, realizzata per festeggiare i 125 anni di attività dell’azienda;
  3. un altro membro della tavola rotonda, Sirio Tommasoli, proprietario dell’omonimo studio fotografico, ha affermato che “la domanda di imprenditori che richiedono i loro servizi per raccontare la storia delle aziende per immagini è crescente”, come è crescente il successo dell’OMI. Inoltre, il consiglio che Tommasoli dà a chi intendesse raccontare la propria storia per bene è quello di “raccogliere tutti i dati in modo sistematico fin da subito”. Un’ipotesi sul perché la diffusione dello storytelling aziendale sia così scarsa potrebbe essere quindi quella della mancanza di metodo nel raccogliere e archiviare i dati, che poi si perdono in quegli archivi “polverosi” sopra citati da Magagnino.
Il valore dato alle imprese storiche e agli “affari di famiglia”

Uno dei motivi per cui oggi l’attenzione sul tema storytelling aziendale è così alta è dovuto al fatto che poche sono state le iniziative che – prima dell’Osservatorio –  hanno dato valore alle imprese e alla loro storia.
Una di queste è quella partita da UnionCamere nel 2011 che, per celebrare il 150esimo anno dall’Unità d’Italia, ha istituito il Registro delle Imprese Storiche italiane, cioè di quelle aziende che hanno passato il centesimo anno dalla loro fondazione (sono più di duemiladuecento). Le stesse aziende, relative però al solo territorio veronese, oggetto del convegno alla Gran Guardia.
Appartenenti a quel registro, a Verona e dintorni, si contano quarantaquattro imprese ultracentenarie, alcune ancora in salute, altre un po’ meno; ma i dati che riguardano in generale le aziende veronesi dicono che le imprese che superano i 50 anni sono solo lo 0,5%, mentre la maggior parte di esse non ha più di 18 anni di attività.
Tuttavia, la non longevità dell’impresa non rappresenta, come sottolineato al convegno dal rettore dell’ateneo veronese Nicola Sartor, “un deficit”, anzi, permette più flessibilità nel processo di decision-making; lo stesso vale per il tema monografia: non è essenziale avere anni e anni alle spalle per poter realizzare una monografia, perché questo strumento pur poggiando sul passato, guarda al futuro. Quel che è certo, è che un’impresa presente da più tempo sul mercato avrà a disposizione più “risorse storiche”.

Ma la storia, la quantità di anni di attività alle spalle, non ha lo stesso valore per tutti. Sempre Fedrigoni, ha affermato rispondendo ad una domanda posta dal moderatore del convegno, che la “storicità” della loro impresa all’estero, soprattutto nei mercati emergenti, non conta quanto in Italia. Non conta in quanto la storia di un’azienda è sempre legata al territorio di cui fa parte, con il quale può creare un rapporto solido e proficuo se è in grado di “scolpire” il proprio brand nella memoria dei consumatori.
Ma sicuramente anche all’estero danno molto valore alla longevità delle compagnie. Lo dimostra il fatto che in Francia, già nel 1981, ben 30 anni prima di UnionCamere, era stata istituita Les Henokiens, un’associazione che raccoglie addirittura tutte le aziende famigliari bicentenarie del panorama mondiale (in tutto 38), e alla quale sono iscritte ben dodici imprese italiane, inserite poi anche nel registro di UnionCamere.
Tra la nostra mentalità e quella francese ci sono punti di contatto, ma anche di differenza. Tra questi, è centrale il dibattito sul ruolo delle famiglie fondatrici che hanno dato vita a queste aziende.

Alla Gran Guardia è emerso, come espresso da Andrea Sartori, presidente della Cantina Sartori, che al giorno d’oggi è fondamentale l’esistenza di un consiglio d’amministrazione misto, cioè con membri della famiglia, ma anche esterni; per rinnovarsi e sopravvivere bisogna, sempre secondo Sartori, distaccarsi un po’ da quelli che sono gli interessi prettamente di famiglia ed affidarsi a manager esterni competenti.
Al contrario, Les Henokiens, ha sempre considerato l’azienda famigliare come unica realtà alternativa alla multinazionale, dando maggiore valore alla permanenza della tradizione (e quindi alla permanenza dei membri della famiglia nel consiglio d’amministrazione, requisito fondamentale per potersi iscrivere all’associazione); preferisce la “solidity to power”, la solidità al potere.

Questo sembra un altro punto su cui riflettere per quanto riguarda il tema monografie: in Italia alla tradizione stiamo dando sempre meno valore e molti sono gli “eredi” di storie d’impresa che scelgono di cambiare strada. Non dobbiamo stupirci quindi se la monografia d’impresa è poco diffusa. Se non c’è volontà di continuare una storia, figuriamoci quella di raccontare la storia passata.

Daniele Bazzanella