Con soddisfazione vediamo che il nostro lavoro a favore della conoscenza della monografia aziendale viene recepito e utilizzato, non solo per la stesura di tesi di laurea, ma anche nell’ambito di libri e trattazioni dedicate al più ampio tema della narrazione aziendale intesa come strumento di divulgazione degli asset immateriali peculiari di ogni impresa. E’ il caso del libro, di recente pubblicazione a firma di Valentina Martino, – ricercatrice in Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale del’Università la Sapienza di Roma – e dato alle stampe dal’editore Bonanno.
Riportiamo la competente prefazione di Daniela Brignone – curatrice di importanti archivi d’impresa e consigliere di Museimpresa – che dalle prime pagine del libro stimola l’interesse del lettore.
Il libro di Valentina Martino giunge a distanza di alcuni anni dagli ultimi contributi bibliografici sui temi dell’ heritage marketing e della comunicazione di contenuti legati alla storia e alla tradizione delle Imprese. Gli anni appena trascorsi – diciamo l’ultimo quinquennio – sono stati anni cruciali per gran parte delle imprese in Italia: anni di pesanti ridimensionamenti nell’ organico, di calo della domanda e del fatturato, di perdita di competitività sui mercati esteri, quando non di chiusura di stabilimenti produttivi.
Sul piano della comunicazione istituzionale e di brand – lo dicono gli esperti – la crisi ha moltiplicato esponenzialmente il valore della tradizione, della storia e delle storie connesse a un prodotto, delle memorie individuali e collettive legate al suo uso, capaci di conferire a un brand il valore aggiunto e intangibile dell’ affezione da parte del consumatore. Un aggiornamento sugli strumenti a disposizione dell’impresa intenzionata a valorizzare il proprio heritage, in modo tale da apparire sempre più un “grande classico” e sempre meno un “dinosauro”, era necessario proprio a partire da tali presupposti.
È tempo però di andare oltre la crisi – almeno con la mente – e fare dell’heritage marketing un asset permanente della comunicazione d’impresa; impedire che esso venga vissuto come una terapia d’urto, come un argine nostalgico opposto alla perdita di consumatori affezionati, come una pura leva emotiva da azionare nei momenti di disorientamento collettivo. Che esso sia tutto ciò lo possiamo sapere e comprendere. Che al di là di tale uso taumaturgico si possa rendere l’heritage marketing una fonte di ispirazione continua e una base valoriale per tutte le attività delle aziende, non solo nelle congiunture negative – era forse meno evidente e scontato.
Il testo di Valentina Martino aiuta, in questo senso, a organizzare e sistematizzare contenuti finora frammentati e dispersi; inquadra la materia nel giusto contesto disciplinare, lasciandone tuttavia comprendere i necessari intrecci multidisciplinari; nobilita il tema prescelto a tessuto connettivo di tutte le aree della comunicazione d’impresa; offre una panoramica della più aggiornata e recondita bibliografia nazionale e internazionale. Tale volume diventa così un testo formativo per gli operatori culturali, il cui ruolo e la cui specificità professionale all’interno delle aziende assumono contorni più definiti e percepibili, sia all’interno dell’impresa che all’esterno, a patto che se ne comprendano profondamente le competenze e si facilitino i loro percorsi di accesso al lavoro.
Il testo delinea, al contempo, un quadro completo di quanto a oggi detto e fatto nell’ ambito della valorizzazione della tradizione
aziendale, offrendo una miniera di spunti e ispirazioni ai comunicatori e ai creativi che, nel trattare la delicata materia dell’heritage, incontrano spesso insidie e possono produrre effetti indesiderati dall’impresa committente. Gli imprenditori e i manager, infine, nel leggere questo volume, comprenderanno quanto bella e affascinante può essere la loro “vecchia signora”, se gli investimenti nella cultura e nella comunicazione della tradizione aziendale sono qualificati, coerenti e continuativi e se la storia viene intesa e percepita come insostituibile fonte di innovazione per il futuro.
Daniela Brignone
Riteniamo interessante riportare anche lo stralcio che – nel libro della Martino – parla specificatamente del nostro osservatorio e del premio OMI, importante momento di condivisione e incontro tra il mondo della ricerca e quello dell’imprenditoria.
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Diversamente da un panorama editoriale odierno così vivace, ha prevalso in passato la consuetudine di privilegiare la pubblicazione di volumi dedicati alla biografia aziendale, editi tradizionalmente a stampa e oggi anche in formato digitale. In particolare, la monografia istituzionale rappresenta l’elemento cardine della produzione editoriale di un’ organizzazione, anche alla luce dello speciale impegno richiesto dalla sua redazione e dall’attività di ricerca a essa propedeutica6. Un volume storiografico, infatti, permette di conoscere la storia dell’ azienda, dei suoi percorsi evolutivi e alle volte di svelarne anche qualche lato sconosciuto: è il principale biglietto da visita di un’impresa e ha lo scopo di informare clienti, fornitori, soci, dipendenti o partner occasionali con i quali di volta in volta l’azienda stabilisce una relazione (Foroni, Magagnino 2010, pp. 7-8).
Si tratta di opere in genere fuori commercio o pubblicate in tirature limitate, soprattutto in occasione di importanti ricorrenze, le quali si caratterizzano tradizionalmente per generosa foliazione e accuratezza formale (carta patinata, qualità dell’apparato iconografico e della rilegatura etc.), compatibilmente alloro carattere ufficiale.
Nei loro usi più convenzionali, simili prodotti finiscono per scontare, tuttavia, un’impostazione eccessivamente ingessata, istituzionale, risultando dunque «più una sorta di amarcord, di sistemazione narcisistica dell’ album dei ricordi di famiglia, che una vera descrizione/narrazione della storia dell’impresa» (Polesana 2007, p. 159), pensata per comunicare a un pubblico più ampio le potenzialità propedeutiche e formative insite nella storia vita in Italia a collaborazioni di altissimo livello fra il mondo della cultura e quello imprenditoriale.
A valorizzare questa prestigiosa tradizione è in particolare, da qualche anno, un apposito osservatorio nazionale: l’Osservatorio Monografie Istituzionali d’impresa (OMI), attivato dall’Università degli Studi di Verona.
Il progetto punta a promuovere la cultura editoriale delle imprese italiane9, articolandosi in due principali iniziative: un archivio online della produzione libraria, storica e contemporanea, promossa dall’imprenditoria italiana10; e l’annuale Premio Monografia Istituzionale d’impresa, lanciato nel 201311. Le imprese del made in Italy vantano una tradizione assai illustre anche nell’ editoria di informazione12.
Un censimento in progress delle produzioni editoriali promosse dalle imprese italiane nel corso del Novecento è quello avviato nel 2009 dalla Fondazione ISEC – Istituto per la storia dell’ età contemporanea con l’allestimento di un Repertorio della stampa aziendale italiana nel Novecento13, in collaborazione con l’Istituto lombardo per la storia contemporanea. Il progetto di ricerca punta a catalogare house organ e periodici aziendali pubblicati in Italia fra il 1930 e il 2000, riconoscendone la funzione fondamentale di veicolo di “mediazione tra il mondo interno ed esterno all’impresa” e di testimonianza di cultura industriale.
I tradizionali canali editoriali sono oggi potenziati dal digitale: è quanto dimostra l’effervescenza di siti, radio e televisioni aziendali atti a declinare il racconto della memoria organizzativa in formati nuovi e interattivi, in grado di sfruttare una comunicazione low cost ma a elevata resa espressiva. Calata nell’ ambiente digitale, la comunicazione dell’ heritage aziendale si presta a sposare, inoltre, una speciale dimensione partecipativa, consentendo di coinvolgere i pubblici nell’autonoma produzione di testimonianze e contenuti (user generated contents): un’opportunità che – come si avrà modo di approfondire nel prossimo paragrafo – sono sempre più numerosi a sfruttare, per esempio, nell’ambito di contesto altre iniziative di file/videosharingpromossi sul web.
Un’ulteriore tendenza emergente nel settore è, quindi, quella che vede le imprese impegnate, per autonoma iniziativa, nella valorizzazione di testimonianze storiche della propria tradizione editoriale, recuperate e consegnate alla memoria collettiva spesso ricorrendo a un’opera di digitalizzazione.
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6Nella migliore delle accezioni infatti, come ben sottolineato, «una Storia d’impresa è un ricerca-intervento, [ . . . ) che nel momento stesso in cui inizia modifica rapporti e culture» (dal sito <www.storiedimpresa.it>).
7<www.sba.unimi.it/files/bstoria/ edi toria_aziendale.pdf>
8 Fra le più prestigiose collaborazioni culturali del passato, si ricorda quella di Bruno Munari con la Osram, nota azienda illuminotecnica, per la pubblicazione dell’originale libello di poesie e aforismi “Occhio alla luce” (1990).
9 Fra le iniziative che attestano un crescente interesse da parte dello stesso mondo editoriale, si segnala dal maggio 2012 la pubblicazione di un’ apposita collana sulle imprese storiche, promossa dalla già citata Associazione Italiana delle Imprese Familiari (AIdAF) per la Maggioli Editore (fra le prime uscite, Ruggiero 2012-2013). Si rinvia al sito web: <www.storiedimpresa.it>.
10 Per i primi risultati dell’iniziativa, avviata nel 2006 e on line dal giugno
2012 all’indirizzo web <www.monografìeimpresa.it/>. si rinvia al già citato Foroni, Magagnino 2010.
11 La prima edizione della manifestazione si è conclusa nell’aprile 2013 con la premiazione delle aziende Ballarini Paolo & Figli, Vinavil (Gruppo
Mapei) ed Electrolux Appliances.
12Alla fine dell’Ottocento/inizio Novecento, fra le prime pionieristiche esperienze aziendali nel filone della stampa di informazione si ricordano “La
Riviera ligure di Ponente” della Ditta Sasso (1895) e la “Rivista Fiat” (1913). Il settore sarà quindi protagonista di una significativa fioritura negli anni Venti e Trenta, soprattutto per iniziativa delle grandi imprese industriali del paese, fino a registrare un vero e proprio exploit nel secondo dopoguerra: fra gli esempi insuperati nel settore, si ricordano la multidisciplinare esperienza promossa dall’Olivetti sulle pagine del mensile di politica e cultura “Comunità” (1946- 1992); come pure la scelta di Enrico Mattei di affidare la direzione del mensile aziendale dell’Eni “Il gatto selvatico” al poeta Attilio Bertolucci (1955-1965).
13Il Repertorio è consultabile on fine all’indirizzo <www.houseorgan.net>.
Va sottolineato che tutto il libro, al di là della citazione che ci riguarda da vicino, é nel suo complesso un ottimo strumento di studio e lavoro per chi si dedica alla comunicazione istituzionale in generale e alla narrazione d’impresa in particolare.
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