Assografici è l’associazione confindustriale che riunisce le aziende di arti grafiche italiane.
Come la consorella Assocarta supporta, con il suo patrocinio al Premio OMI 2016, l’attività dell’Osservatorio Monografie d’Impresa.
Abbiamo incontrato il Direttore Generale, Claudio Covini, che ci ha rilasciato questa intervista sul futuro della carta stampata.
Dottor Covini, si parla sempre di più di “digital divide”, ovvero di difficoltà di accesso alle tecnologie digitali intese come strumenti di cultura e comunicazione. Dal suo privilegiato punto di osservazione, non le sembra che – in certi ambiti, soprattutto quelli giovanili – si possa affermare che si sta assistendo al fenomeno contrapposto di “paper divide”?
Certamente. Le nuove generazioni hanno una propensione talmente spiccata per gli strumenti digitali che credo appaia evidente a tutti: basta passare un po’ di tempo sulla metropolitana o su qualunque mezzo pubblico per notare come i giovani, almeno otto su dieci, hanno in mano uno smartphone o un tablet e con quello scrivono, dialogano, interagiscono.
E’ evidente che le nuove tecnologie hanno e avranno un’influenza fondamentale sui comportamenti e questo porterà, sul lungo periodo, ad una diminuzione dei volumi di carta stampata, anzi l’ha già provocata e continuerà a farlo. E’ chiaro che la stampa su carta dovrà reagire e trovare strade diverse.
La filiera della carta stampata e trasformata che in Assografici trova voce comune, come affronta questo momento di profonda trasformazione del mercato del libro e del prodotto in carta in generale?
Le aziende grafiche devono reagire in modo fermo e chiaro.
Il calo di fruizione della carta stampata non è legato solo alla crisi ma deriva da un cambiamento epocale nei consumi di prodotti editoriali, che porterà sicuramente, nel lungo periodo, ad una contrazione del settore.
E’ inevitabile, molte aziende stampatrici spariranno dal mercato con conseguente calo del numero di addetti.
Però le aziende che rimarranno, saranno quelle che sapranno offrire non più solo un prodotto stampato ma un prodotto stampato abbinato ad altro, con un’offerta integrata di servizi che possono andare dalla postalizzazione al direct marketing, alla pubblicità, anche in sinergia con i nuovi sistemi di comunicazione digitale, ovvero un prodotto tradizionale su carta affiancato dal formato digitale.
Offrire un prodotto completo, quindi, sarà sicuramente la chiave del futuro.
Carta e stampa sono da secoli eccellenze italiane che hanno contribuito in maniera inconfutabile all’alfabetizzazione diffusa, con conseguente crescita culturale e sociale.
Oggi hanno ancora questa funzione primaria? O questa è stata soppiantata dal digitale, nelle scuole e nelle case?
Se analizziamo il settore dei libri scolastici è evidente che se diminuisce in generale il volume di carta stampata, anche in questo ambito il supporto cartaceo sarà penalizzato. Però siamo convinti che la stampa su carta rimarrà ancora per molto tempo.
Certamente dovrà essere affiancato dai nuovi strumenti, non potrà restare da sola.
E’ chiaro che, attualmente, le sacche di analfabetismo o di scarsa alfabetizzazione sono inesistenti e – se nel passato il supporto cartaceo ha rappresentato proprio la diffusione del sapere in modo capillare – oggi questo è un risultato ormai raggiunto per cui non si può pensare che possa ripetersi questo fenomeno. Oggi c’è un altro tipo di alfabetizzazione che è appunto quella digitale, con la quale si va verso un’altra era.
Le aziende grafiche devono saper comprendere ciò e adeguarsi.
Ma, se analizziamo la crisi del prodotto cartaceo capiamo che questa non è dovuta solo all’aggressione delle nuove tecnologie.
Nei bilanci delle società editrici si nota che i ricavi da ebook raggiungono a fatica il 3%.
Il restante deriva ancora dal prodotto tradizionale.
Il mercato dei testi scolastici è regolamentato da una legge, che noi abbiamo contribuito a redigere, che stabilisce che i consigli di classe debbano adottare libri in formato digitale oppure in formato cartaceo più digitale. Oggi come oggi i libri sono ancora in grande maggioranza cartacei anche se accompagnati da supporti digitali.
E’ chiaro, come ho detto prima, che il futuro sarà questo, almeno per i prossimi dieci o vent’anni. Non possiamo sapere, con la tecnologia che avanza molto velocemente, cosa succederà più in là. Magari non ci sarà più la carta! Questo non lo so.
Personalmente spero di no però, ad oggi non ci è dato di saperlo.
Sicuramente questa legge dà una risposta importante. Il libro di carta non è solo utile, ma è fondamentale per la formazione del giovane, se accompagnato da un supporto digitale sussidiario da utilizzarsi per rimandi, approfondimenti, letture, consultazione di carte geografiche.
Voglio sottolineare che, in paesi con la più alta alfabetizzazione digitale come gli stati Uniti e la Corea del Sud, a seguito di importanti studi condotti sull’apprendimento, in molte università hanno fatto un passo indietro dopo che – negli anni scorsi – avevano organizzato corsi interamente digitali, cioè senza supporti cartacei.
Infatti si è appurato che la resa di uno studio condotto esclusivamente su supporti elettronici è notevolmente inferiore rispetto a quella ottenuta dallo studio sul supporto cartaceo,che consente una memorizzazione e comprensione decisamente superiori rispetto allo studio esclusivamente su video.
Questo a dimostrare come la carta avrà ancora vita nel futuro, anche se con volumi decisamente ridimensionati.
E che progetti ha in cantiere Assografici ,per la promozione e il sostegno del settore?
Abbiamo presentato molto recentemente due proposte di legge, sia con una conferenza stampa a Roma presso le istituzioni, sia con audizioni nella Commissione parlamentare Cultura e in quella per le Attività Produttive oltre che con un incontro – il 12 aprile – con un importante gruppo parlamentare, dove chiediamo l’introduzione di due misure base a sostegno della domanda di prodotti stampati.
La prima è quella di prevedere – nella dichiarazione dei redditi delle persone fisiche, modello 730 – la detrazione delle spese per acquisto di libri.
Cosa che non è mai stata contemplata, mentre si possono detrarre tante altre cose a partire da quelle previste inizialmente, ovvero le spese per medicinali e cure mediche, seguite da quelle che si possono portare in detrazione da tempi più recenti ovvero le spese per palestre, piscine, cure veterinarie.
Va tutto bene, non c’è dubbio, però noi riteniamo che le spese per la cultura non possano essere considerate inferiori a queste.
Per cui la possibilità di detrarre l’acquisto di libri, semplicemente allegando lo scontrino fiscale così come avviene per i medicinali sia un sistema semplice, chiaro alla portata di tutti e comprensibile a tutti, che potrebbe dare un sensibile slancio al settore.
Infatti abbiamo riscontrato che la crisi del nostro settore, più che per l’attacco delle nuove tecnologie, deriva dal crollo della spesa delle famiglie per i prodotti editoriali, libri, riviste, giornali.
Abbiamo visto ridurre al 30 o 40 % certe tirature; molti prodotti sono addirittura scomparsi o sono stati accorpati ecc., proprio perché è crollata la propensione alla spesa da parte delle famiglie, perché le famiglie hanno meno soldi e tagliano dove possono. Evidentemente una fra le prime prima cose che tagliano sono i giornali, i libri, le riviste. Quello che proponiamo darebbe sicuramente un certo slancio al settore. Noi abbiamo chiesto questa misura con – come avviene per i farmaci – una franchigia e un massimale, 50 euro di franchigia annua oltre la quale si possono portare in detrazione questo tipo di acquisti ed entro un tetto di 1.000 euro, sempre annui.
La seconda misura che abbiamo chiesto è quella di premiare la cosiddetta pubblicità incrementale su stampa. In questi anni abbiamo assistito ad un fortissimo crollo degli investimenti pubblicitari e questo si è riverberato ovviamente sulla stampa perché, essendoci meno pubblicità, si stampa meno.
Invece è rimasta a buoni livelli la pubblicità sul mezzo televisivo.
Proponiamo quindi una detassazione in relazione all’incremento dell’investimento pubblicitario su media cartacei. Mi spiego: se un’azienda ha fatto nell’esercizio precedente 100 di pubblicità e in quello successivo farà 120 su quell’incremento del 20% in più che spenderà si potrà individuare una possibile detassazione.
Sarebbe un incentivo fiscale che potrebbe spingere le aziende che fanno grandi investimenti in comunicazione a tornare a investire come un tempo in comunicazione su carta.
Con questo apriremmo anche un circolo virtuoso perché significherebbe più comunicazione, più stampa, più informazione al pubblico e quindi una spinta alla ripresa dei consumi.
E ritengo che gli incentivi che noi proponiamo possano dare una decorosa spinta ai consumi specifici nel nostro settore.
La carta per anni è stata bollata, dai sostenitori del digitale, non solo come antiecologica ma addirittura come“carnefice” degli alberi di tutto il mondo. Trova che questa “leggenda metropolitana” si sia ridimensionata?
E’ una leggenda metropolitana che noi abbiamo cercato di contrastare sempre in tutti i modi a partire dalle diciture sulle bollette di luce o gas che arrivano con un messaggio che suppergiù diceva “accetta la bolletta online e si taglieranno meno alberi”.
Siamo intervenuti – anche per vie legali – al proposito, tant’è che adesso quasi più nessuno scrive questo ma più sinceramente “accetta la bolletta online così spendi meno”.
Per fortuna non viene più espresso il concetto non vero di “salviamo gli alberi”. Ci siamo impegnati ampiamente, con interventi a tappeto – tramite gli uffici legali – presso queste grosse aziende di energia che facevano questa comunicazione errata e che non ha nessun riscontro.
Purtroppo questa è una falsa convinzione, difficile da sradicare, tutta italiana che parte dalle scuole.
Mi ricordo di aver visto, anni orsono, in occasione della festa di fine anno in numerose scuole medie, le pareti delle aule tappezzate con le ricerche fatte dagli alunni nelle quali si accusava la carta di essere origine della deforestazione dell’Amazzonia.
Non tutti sanno che dall’Amazzonia non si ottiene un nemmeno chilo di carta perché non è da quelle foreste, da quegli alberi che deriva la carta.
Le cause della deforestazione sono altri: sono le strade, la speculazione edilizia, l’uso del legno per certi ambiti, specialmente nell’edilizia per realizzare le pavimentazioni, oppure per far spazio a coltivazioni intensive, quando diventano di moda certi prodotti agricoli come la soia, non certo la fabbricazione della carta.
La carta proviene (oltre che dal riciclo di carta già utilizzata) da foreste che sono da sempre gestite in modo sostenibile nel Nord Europa e in Canada. E’ da questi bacini che proviene la cellulosa che poi sarà carta.
E’ un loro patrimonio, una loro risorsa, una voce importante della loro ricchezza. Ne deriva che questi paesi hanno tutte le motivazioni a prodigarsi affinché le loro foreste, non solo rimangano, ma aumentino grazie ad un’attenta gestione sostenibile che dura da moltissimi decenni, tant’è vero che questo tipo di foreste è in aumento, non in diminuzione.
Assografici, spesso in collaborazione con Assocarta, che è la federazione dei produttori di carta – si è impegnata fortemente nel contrastare in tutti i modi queste false convinzioni, anche facendo incontri nelle scuole con allievi e docenti.
Per parlare di un argomento molto caro e vicino ad entrambi, cosa direbbe ad un imprenditore intenzionato a realizzare la monografia della propria azienda solo in formato digitale?
Gli direi innanzitutto che il digitale è un prodotto che non rimane.
Lo scopo di una monografia è quello di dare una testimonianza e nel contempo essere un cadeau, qualcosa che rimane e che, una volta letto, deve fare la sua bella figura su uno scaffale o un tavolino. E comunque deve essere un punto di riferimento che può servire nel tempo, dopo sei mesi, un anno o tre anni. Sul supporto cartaceo il messaggio si mantiene. Sul supporto digitale la monografia d’impresa, una volta che uno ha l’ha scorsa più o meno approfonditamente, finisce la sua funzione, cade nel dimenticatoio o va persa.
E do un consiglio che non è di parte, ovvero quello di usare entrambi i canali.
usare semmai entrambi i canali, carta e elettronico.
Faccio un esempio: se dovessi fare una monografia o la storia degli ultimi cinquant’anni della mia associazione, che conta circa 800 associati, farei una tiratura su carta di 1000 copie in modo da poterla regalare ad ogni associato e averne ancora circa 200 da distribuire in qualche convegno o occasione importante; poi la riprodurrei anche su supporto elettronico per distribuirla in occasioni divulgative, o a persone che sono meno coinvolte con la vita dell’associazione, che non sono i nostri stakeholder, ma che possono essere interessate perché gravitano vicino al settore delle arti grafiche ma non sono né associati o potenziali associati, non sono associazioni consorelle o non fanno parte della filiera.
In questi casi la monografia d’azienda – o di associazione come nel caso di Assografici – può essere distribuita anche elettronicamente perché non vuole rappresentare né un cadeau né qualcosa che rimane ma è semplicemente un’occasione di comunicare una notizia. Quindi io userei entrambi i canali. Che pur avendo i medesimi contenuti hanno funzioni completamente diverse.
Tiziana Sartori
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