Gli Ex-Magazzini Generali di Verona: una location che, nei volumi definiti e le ombre nette, ricorda la metafisica affascinante delle piazze di De Chirico mentre, nel nome e nella logistica, conserva la memoria di un lavoro fatto di fatica, sferragliare di vagoni, odori forti di derrate alimentari in continuo avvicendamento.
In questo scenario di archeologia industriale, che una laboriosa e accurata opera di recupero sta portando a nuova vita, hanno già scelto di collocare la loro sede alcune realtà significative per il contesto professionale e culturale di Verona. Una di queste é l’Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia.
Ho intervistato la Presidente, Alessia Canteri, ingegnere civile specializzata in geotecnica.
Una giovane donna minuta ed elegante, in contrasto con lo stereotipo un po’ burbero e rude dell’ingegnere, alla quale ho voluto chiedere il motivo di questa scelta e come questa possa essere considerata espressione di un nuovo modo di vivere e comunicare lo status di professionista.
Il vostro Ordine professionale, nelle sue recenti attività culturali, ha focalizzato la sua attenzione sulla “rigenerazione urbana”. L’aver optato – come nuova sede – per un edificio di archeologia industriale, ovvero il rigenerato Magazzino del Grano degli Ex-Magazzini Generali, é una causa o piuttosto un effetto di questo interesse?
La scelta di cambiare sede é frutto di una decisione maturata nel tempo e l’aver lasciato i locali in pieno centro, in un palazzo storico di grande prestigio artistico, é stata determinata principalmente dalla necessità di trovare una soluzione più funzionale, adeguata sia logisticamente che come spazi alle attività di un ordine professionale.
Non c’é dubbio che la possibilità di accedere a questo contesto così significativo, ha stimolato il nostro interesse per il tema della rigenerazione che, peraltro, abbiamo affrontato diffusamente nell’ambito di “Open”, la rassegna di eventi che ogni anno organizziamo.
Come si lavora in questo luogo così evocativo e tanto diverso rispetto alle consuetudini fino ad oggi concepite per gli spazi dirigenziali?
Negli Ex-Magazzini si stanno creando nuove sinergie: qui hanno infatti sede, oltre al nostro Ordine, quello degli Architetti/paesaggisti/Urbanisti, quello dei Dottori Commercialisti, quello dei Consulenti del Lavoro, l’Archivio di Stato, l’ANCE, il MusaLab – museo di Dario Fo e Franca Rame, ecc.
E’ quindi un habitat ideale per sviluppare una rete di relazioni che possono sfociare in attività congiunte, in un polo culturale per le professioni, oltre che per la città tutta.
Perché, se é pur vero che la rete oggi si fa sul web, l’incontrarsi di persona, bere un caffè insieme permette di creare e condividere più facilmente idee e progetti comuni.
Un fabbricato con un valore storico in senso produttivo, un ex magazzino all’interno del quale si svolgevano attività commerciali, di gestione imprenditoriale, é certamente diverso dal palazzo storico e connota l’Ordine in una prospettiva più dinamica, di attività in ambiti più ampi rispetto alla concezione originaria dell’ingegnere, che storicamente é l’ingegnere civile, con una professionalità legata all’edilizia.
Sono ormai sei anni che il nostro ordine organizza la rassegna “Open. Ingegneri aperti alla città” un calendario di eventi, ogni anno dedicato a un tema specifico. Per il 2017 il titolo é “Innovisioni” ed é un percorso di incontri, mostre e convegni che esplorano le varie sfaccettature dell’ingegno, in tutti i campi: dall’imprenditoriale con un evento dedicato al ricambio generazionale, all’Industria 4.0 e alla storia della Olivetti con la sua “lezione” di umanesimo integrale applicato alla “comunità di quanti lavorano insieme”, all’attualità del tessuto urbanistico e sociale di Verona, alle energie rinnovabili…
Gli iscritti come hanno accolto il cambiamento?
Molto positivamente. Apprezzano la facile accessibilità, la possibilità di ampio parcheggio, la vicinanza agli svincoli autostradali, ma – al contempo – la vicinanza a Porta Nuova e al centro città.
Ora disponiamo di spazi accoglienti, ampi, fruibili e funzionali per le nuove attività formative che gli Ordini professionali devono erogare ai propri iscritti. Abbiamo un auditorium da 85 posti e una sala da 45, collegati fra loro in streaming, che ci permettono la flessibilità di modulare la proposta specialistica per un pubblico di professionisti; più culturale per un pubblico più ampio. Questo consente all’Ordine di essere non solo adeguato ente formatore per i propri iscritti, ma anche di aprirsi alla cittadinanza.
Abbiamo un bellissimo grande ballatoio, illuminato dalla luce naturale grazie al soffitto vetrato, che é uno spazio da vivere, una galleria “a cielo aperto”, sede ideale per mostre aperte al pubblico; abbiamo due sale coworking disponibili per tutti, professionisti e non solo, che rendono l’Ordine una nuova “agenzia culturale” e non solo “ufficio burocratico”.
Il cambio di sede corrisponde anche con un cambio generazionale?
Certamente negli anni la concezione della nostra professione si sta modificando e, a partire dalla figura del “classico” ingegnere civile, stiamo assistendo ad un’evoluzione, sia come età sia come profilo dell’ingegnere.
Nascono nuove specializzazioni, ci sono molti giovani, si sta ampliando in modo esponenziale la presenza femminile. Fra i settori in forte evoluzione troviamo tutto il comparto dell’impiantistica e quello informatico e gestionale, strettamente legati al mondo dell’impresa.
Sempre più attuale l’ambito ambientale legato al trattamento delle acque reflue, alle energie rinnovabili e alla mobilità sostenibile.
Accennava che c’é anche un buon incremento della presenza femminile…
Il numero di donne iscritte nel nostro Ordine é in costante aumento. Quarant’anni fa, fra gli iscritti, le donne rappresentavano meno del 5%.
Oggi siamo quasi al 15 %. In Consiglio, nel mandato in corso, siedono cinque consiglieri donna su un totale di quindici. Forse, rispetto ad altre professioni già da tempo “sdoganate” come accessibilità da parte delle donne, sembrano numeri piccoli. Per noi, che conosciamo gioie e dolori del comparto, sono grandi risultati.
Il nostro Ordine si é dotato di una Commissione per le Pari Opportunità, che però vede un partecipazione ancora limitata; forse i temi relativi alle problematiche delle professioniste sono ancora poco sentiti o percepiti in un ambiente che ha – tutt’oggi -una caratterizzazione fortemente maschile.
Però noi professioniste, appartenenti a diversi Ordini, ci siamo riunite in un Comitato Interprofessionale che può parlare a nome di tutte e interloquire con terzi.
Perché, anche se impegnate in avvocatura, architettura, edilizia o medicina, restiamo sempre donne con il nostro bagaglio di problemi legati alla conciliazione tra famiglia e professione.
Tornando agli Ex-Magazzini Generali e ai messaggi che possono trasmettere ai progettisti di oggi. Con sguardo da ingegnere, cosa trova di particolarmente interessante, da un punto di vista progettuale e quindi funzionale in queste strutture?
Premetto che il recupero dei magazzini é stato realizzato dallo Studio Mattioli Associati, presso il quale si possono trovare molte informazioni sulle strutture oggetto di restauro.
Personalmente, anche in relazione ai miei interessi professionali, ho trovato notevole il sistema di gestione e recupero delle acque, anche perché oggi a livello urbanistico e di utilizzo delle risorse é un tema molto attuale.
Il sistema dei magazzini finalizzato a gestire le acque meteoriche era molto intelligente: poiché i fabbricati avevano tetti con falde molto ampie, erano stati costruiti capienti canali che sfociavano in pochi pluviali, in modo da ridurre l’impatto sulla struttura del fabbricato.
I pluviali convogliavano l’acqua piovana in un condotto sotterraneo di raccolta.
Già allora quindi avevano pensato come gestire un problema e trasformarlo in risorsa da utilizzare per diversi scopi, funzionali alle attività svolte in questo plesso.
Se, per contrasto, analizziamo i fabbricati costruiti negli ultimi 40 anni, vediamo che questi sono quasi totalmente privi di analoghi accorgimenti e l’acqua piovana viene dispersa. Invece, all’epoca della costruzione di questi magazzini – iniziata nel 1924 – i progettisti ci avevano pensato: uno sguardo lungimirante, che prende le mosse dal concetto che tutto ha un valore.
L’elemento simbolo degli Ex-Magazzini Generali é la grande cella frigorifera a cupola che, una volta ultimato il restauro, ospiterà Eataly. Oltre all’indubbia valenza estetica, questo fabbricato circolare ha anche altre peculiarità degne di menzione?
A livello strutturale ingegneristico la cella frigorifera é sicuramente l’elemento più eclatante. La funzione dell’edificio era stata coniugata in modo eccellente con la sua struttura ed erano state adottate scelte progettuali, all’epoca coraggiose, che univano estetica e funzionalità.
La cupola ha una intelaiatura in cemento armato ed é quindi decisamente innovativa, una palestra progettuale importante per l’epoca che ci rivela che questo, anche se era un cantiere artigianale, era già proiettato verso l’industrializzazione della costruzione.
Anche nei magazzini si nota l’uso del cemento armato, ovvero telaio metallico e calcestruzzo. Erano depositi di granaglie e dovevano reggere grandi carichi, dotati quindi di strutture importanti, solide, con muri spessi un metro.
Nella costruzione finalizzata all’industria si nota anche una sensibilità estetica che si sta riaffermando solo negli ultimi anni, dopo un dopoguerra che ha visto nascere capannoni industriali decisamente brutti e meno durevoli di questi che hanno resistito nel tempo, mantenendo valenze estetiche e funzionali.
Quali sono stati gli interventi maggiori che si sono dovuti apportare per rendere rispondenti alle attuali necessità questi magazzini?
Si é intervenuto pesantemente nell’impiantistica, praticamente assente, creando un sistema funzionale alle esigenze d’uso attuali con una centrale esterna per la termoregolazione e una piattaforma tecnologica hardware e software per l’implementazione, trasmissione e gestione dei dati.
Come viene vista, con occhi da ingegnere, l’attuale attenzione per l’archeologia industriale?
E’ moda o risposta a concrete esigenze di utilizzo del territorio?
Per noi é parte di un concetto nuovo della fruizione dello spazio comune, che va oltre il singolo edificio.
E’ una pratica finalizzata a ridurre il consumo di spazio urbano e a limitare la cementificazione; é un recupero organico e razionale di edifici già esistenti, che hanno un valore storico e che possono essere resi più funzionali nell’ambito di una attenta programmazione urbanistica.
E’ più difficile ristrutturare che demolire e ricostruire?
Mettere mano a al costruito esistente ma datato é certamente più complesso che partire da zero, “dalle fondamenta”. E’, però, molto più affascinante perché si riscoprono fabbricati che hanno un valore intrinseco oltre che storico.
Negli anni sono andate perdute molte costruzioni pregevoli. Pensa che attualmente ci sia più attenzione e cultura in tema di recupero edilizio?
C’é più attenzione, sicuramente, mentre manca ancora una visione organica per qualificare determinati edifici o gruppi di fabbricati. Si parla sempre di singoli casi.
Manca un piano organico che permetta un salto di qualità, prima di tutto da parte delle amministrazioni, quindi da parte dei cittadini che ancora non conoscono abbastanza quelle realtà – alla portata di tutti e forse per questo mai osservate – che hanno un valore storico.
Il recupero di “vecchi muri” quindi é anche recupero di memorie ed eredità culturali?
Siamo a Verona, la quarta città turistica d’Italia. Noi veronesi conosciamo tutti i punti di richiamo principali: l’Arena, la Casa di Giulietta… però non siamo a conoscenza di tante realtà che potrebbero raccontare – soprattutto alle nuove generazioni – molta storia della città e non solo, per far capire come si è vissuto o il perché di tante scelte urbanistiche di cui oggi viviamo le conseguenze, dandole per scontate.
I Magazzini Generali, per molti oggi sono una piacevole sorpresa. Per anni sono stati considerati niente più che un brutto parcheggio, sporco e degradato.
Ci sono numerose associazioni impegnate nella valorizzazione queste realtà e che, con sforzi ammirevoli, si adoperano per la salvaguardia e la conoscenza di questi tesori, ma ciascuna per conto proprio perché, come dicevo, manca un progetto comune, una visione di “sistema”. Ed é un peccato perché di iniziative se ne potrebbero fare veramente molte.
Per fare un esempio: nel 2014 in occasione dell’inaugurazione della nuova sede, noi ingegneri abbiamo aperto la nuova sede alla città e in particolare – con la collaborazione dell’Ufficio scolastico provinciale – alle scuole: in mostra l’esposizione documentaria proprio sui Magazzini Generali con foto, testi e documenti di quegli anni.
Ad accompagnare le visite guidate alla mostra, anche laboratori tenuti da ingegneri volontari, finalizzati a far scoprire come era gestita nei Magazzini Generali la catena del freddo e quindi a far capire ai ragazzi cosa accadeva in questi luoghi, veri gioielli di archeologia industriale.
Un piccolo esempio, se vogliamo, di divulgazione e cultura per i “progettisti di domani”. Ma questi luoghi trasudano moltissimi insegnamenti che restano ancora silenti.
A noi, coglierli e raccontarli.
Tiziana Sartori
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