PALLONCINIStefano Signorini (classe 1961) veronese DOC, scopre la sua passione per la fotografia da ragazzo, cimentandosi da subito in immagini che catturano il lato curioso e umoristico della quotidianità. I suoi scatti appaiono, a partire dal 1992, nella rubrica Obiettivo Allegro della rivista Fotografare.
Ma è con le riprese di paesaggi e panorami che Stefano Signorini ottiene il suo successo, vincendo nel 1998 il concorso internazionale di Pontinia La foto curiosa e nel 2005 e nel 2007 il concorso internazionale Panorama Competeiton.
La libreria Il Minotauro di Verona ospita la sua mostra Obiettivo allegro, in omaggio all’omonima rubrica, con immagini curiose rubate alla vita quotidiana.
Stefano Signorini ha concesso all’Osservatorio Monografie Istituzionali d’Impresa l’intervista che segue e per la quale lo ringraziamo.

Come è nata e come si è sviluppata la passione per la fotografia, soprattutto quella panoramica con cui è diventato famoso?
Ad esser sincero è nata prima la passione per la fotografia umoristica.
Quando avevo 17 anni, mio padre mi regalò una macchinetta Ricoh 500 e con quella iniziai a fare i primi scatti, fermando momenti che trovavo curiosi.
Mi piaceva andare in giro cercando qualcosa di divertente che attirasse la mia attenzione, da catturare con una foto che potesse piacere anche agli altri. Quindi le mie prime foto sono state queste, le curiose.
La fotografia panoramica – che è un’altra delle mie grandi passioni – è nata in un secondo tempo, diventando però primaria nella mia carriera, quasi la ragione della mia vita: sono conosciuto principalmente per fotografie che sono, a tutti gli effetti, il mio lavoro.

La mostra fotografica Obiettivo Allegro propone scene di vita quotidiana, interpretate sotto una luce curiosa e umoristica. Quale concezione del mondo vogliono rappresentare?
Faccio queste foto per le strade di Verona o quando sono in vacanza. Giro e cerco di cogliere il lato curioso, umoristico, allegro, di una scena o di una situazione.
Comunque non prendo mai in giro le persone ritratte, anzi, penso che anche loro – vedendosi in queste foto – si possano divertire. Non credo di aver mai offeso nessuno.
Anche perché, se vedo qualche situazione equivoca, non vado certo a fotografarla: non sono un reporter che riprende cose tristi, cerco solo scene allegre. E voglio trasmettere quest’allegria alle persone.
Le confesso che lo scopo della mostra è anche spiare la reazione dei visitatori.
Spesso, quando sono alla mostra, non dico di essere l’autore. Ed è bello vedere che il pubblico apprezza il mio lavoro e sorride guardandolo. Ecco, lo scopo è questo: semplicemente Obiettivo Allegro, divertire il pubblico e di far sì che sorrida. Questo è importante: le mie non vogliono essere foto d’artista, la cosa che più mi sta a cuore è strappare un sorriso. Quindi schiettezza nel raccontare la vita quotidiana nella sua particolarità più profonda, dove la maestosità sta proprio nella semplicità.

Ma come mai una mostra permanente in una libreria?
Questa mostra doveva originariamente essere esposta dal 13 giugno al 13 ottobre 2015, poi il gradimento del pubblico ci ha convinto a prolungarla senza una scadenza definita.
Mantengo viva la mostra, perché man mano che le immagini vengono acquistate, le sostituisco con nuovi scatti.
Però non sento l’obbligo di fare foto allegre: ci sono giorni in cui – un po’ per il clima, un po’ per come gira la giornata – non sono tanto allegro e non riesco a cogliere l’allegria in quel che mi circonda. Perché in questo mestiere è molto importante avere la mente aperta ed essere liberi, andane in giro e osservare: solo così si possono cogliere le situazioni. Tornando alla mostra: è stata ed è un successo, anche grazie al coinvolgimento del pubblico con il mio gioco dell’ indovinello: il 13 di ogni mese propongo un indovinello su un’immagine esposta.
Un esempio: l’indovinello di questo mese chiede di indovinare dove è stata scattata la foto Uovo di Colombo e, scegliendo fra le tre possibili risposte che offro, indovinare è abbastanza facile. Fra chi indovina, sorteggiamo il vincitore, premiato con un simbolico caffè e una stampa della foto.
Così il pubblico partecipa e vive un’esperienza ludica e noi abbiamo un monitoraggio sull’afflusso di visitatori, anche se ovviamente non tutto il pubblico partecipa al gioco.I risultati sono lusinghieri: solitamente nella cassetta per le risposte troviamo più di 300 foglietti. Questo dimostra che effettivamente c’è un interesse per il lavoro che faccio e questo mi appaga. Per questo abbiamo deciso di prolungare la mostra, almeno fino al 13 giugno di quest’anno, così da raggiungere l’anno intero, che è un bel record.

Lei prima diceva che trovare il lato curioso della quotidianità va “a giorni”. Ciò è un potenziale o, invece, è un limite?
Le dico la verità: io sono lunatico di mio, ma mi capita raramente di pensare che sia la giornata no per Obiettivo Allegro. Inoltre, anche nelle giornate no, può darsi che alla fine io riesca a trovare qualcosa di interessante da immortalare, questa specie di sesto senso non è mai assopito del tutto.
Non è facile avere la testa da Obiettivo Allegro, ossia essere con la mente aperta e pronti a scattare nel momento giusto. Sì, è limitativo non essere in vena, ma comunque fortunatamente questi momenti non mi capitano molto spesso.
Sono quasi sempre pronto a cogliere la situazione allegra. Inoltre non è che ci siano dappertutto situazioni che si prestino ad una lettura buffa: andando in giro, pur essendo pronti a coglierle, può darsi che non si trovi niente. Quella di Obiettivo Allegro non è una fotografia facile.
Non è come per la foto panoramica: il paesaggio c’è e rimane. Ovvio, ci sono giornate senza sole, ma comunque anche in queste si può cogliere un bel paesaggio.
Nel caso di Obiettivo Allegro, invece, è come andare a caccia: si può portare a casa la cacciagione, oppure non trovare nulla di allegro pur girovagando per chilometri.

 Cos’è per Lei esattamente la fotografia in generale a livello comunicativo?
Per me la fotografia è l’essenza della comunicazione, soprattutto negli ultimi decenni: se si guarda al mondo di internet e dei social network è la foto che salta subito all’occhio, che dà la prima impressione ed è ciò che conta maggiormente. Anche il video riveste grande importanza, ma io mi occupo esclusivamente di fotografia, perché mi piace cogliere l’istante fugace.
Ed è difficile. Bloccare un momento richiede maggiore attenzione rispetto alla ripresa video di una scena che si svolge in un arco temporale.
Comunque non c’è dubbio che la fotografia sia essenziale nella comunicazione e che le foto che faccio debbano comunicare istantaneamente qualcosa.
Sa, penso che le mie foto possano dirsi riuscite se – quando una persona le guarda – non passi più di qualche secondo affinché ne capisca il senso.
Se passa troppo tempo vuol dire che la foto non è riuscita bene.
E’ così, dev’essere una comunicazione immediata: guardare la foto e poi, non dico sorridere, ma per lo meno captare subito il senso che ci sta dietro.
Questa è la peculiarità di Obiettivo Allegro.

Giuseppe Comper  

TRASPORTO ECCEZIONALE