Rischio di ripetermi ma esaminando le molte, spesso bellissime, Monografie d’Impresa che giungono al nostro Osservatorio è impossibile non notare una caratteristica che connota la maggior parte di esse e che potremo definire come lo stigma di questa tipologia di opere pubblicate nell’ultimo decennio: la quasi scomparsa “dell’oggi” e “del futuro” a favore della narrazione del passato.

Con ciò non voglio assolutamente affermare che “un passato a cui ispirarsi” non sia molla essenziale nelle dinamiche di sviluppo di un’Azienda, in aderenza al family feeling che la connota e ne definisce l’unicità.
Anche Marco Montemaggi, codificatore assieme a  Fabio Severino dell’Heritage Marketing in Italia, sostiene che “… l’unica cosa di un’Azienda che non si potrà mai copiare è la sua storia …”. Tale dimensione non è quindi né trascurabile né marginale se segue il concetto stesso di Heritage Marketing: mantenere un’affinità con il passato, una connotazione che sostenga e sia genesi della propria Corporate Image.

Diverso è però il punto di ricaduta laddove “il passato” non sia più una lente per vedere con chiarezza il proprio futuro ma un “rifugio” da chissà quali avversità percepite per non affrontarlo. Parlo di “avversità percepite” perché reputo che questa sia la dimensione finale di tali fenomeni. Nessun periodo è realmente “facile”, nessun momento è certamente “felice”. E’ solo una questione di percezione.
Ma, indubbiamente, la percezione per il singolo è realtà e opera nella sua mente. La percezione del dolore “è” dolore o forse meglio dire che che il dolore è la percezione dello stesso. 
Riporto qui, per questo, una frase di Francesco Alberoni presa dal suo libro “Abbiate coraggio” al quale mi sono permesso di far riferimento nel titolo di questo articolo. Scrive il sociologo lombardo: “… arrendersi è facile, è quasi un sollievo, un riposo. Mentre rialzarsi richiede di stringere i denti, di resistere al dolore, alla fatica, alla disperazione. Richiede sforzo, coraggio, un animo impavido e una grande speranza …”

“… una grande speranza …”. La speranza, altro sentimento percettivo che però, come annotava Talete di Mileto “…  è il solo bene che è comune a tutti gli uomini, e anche coloro che non hanno più nulla la possiedono ancora …”.
Non posso allora che ricordare i molteplici esempi di Monografie aziendali degli anni ’60, ’70 e ’80 per non parlare di alcune del periodo prebellico – tempi senz’altro dominati da dinamiche più complesse e spesso non facili – in cui la “speranza” fa dominare sul passato la visione di un futuro radioso e “migliore dell’oggi”. Quasi un “sole dell’avvenire” di sovietica memoria.

Se devo essere sincero ho nostalgia della speranza, di questa illusione che ci si prodiga per rendere realtà, di questa attesa che i propri sogni si realizzino e credo sia importante, soprattutto, in un periodo come questo riscoprire questo sentimento.
E allora tornate ad esprimere la vostra straordinarietà, il vostro credere nel futuro, gettate il cuore oltre l’ostacolo e soprattutto abbiate coraggio!

Stefano Russo