Una chicca per appassionati del segno grafico e della storia del Made in Italy: il MuMit – Museo del Marchio Italiano. Un museo virtuale che si visita in punta di mouse: www.museodelmarchioitaliano.it.
Al suo interno, come in un museo reale, ci vengono proposti percorsi tematici, tre dei quali prettamente orientati a esporre marchi di realtà imprenditoriali, enti e istituzioni tutti rigorosamente italiani. 
Il primo percorso – storico – propone, con immagini e schede descrittive, le evoluzioni di un centinaio di marchi italiani che, in un modo o nell’altro, sono entrati a far parte della vita di tutti noi. Da Alfa Romeo a Birra Peroni, da Gucci alla Repubblica Italiana.
Il secondo esplora marchi di recente creazione, come quello di Expo 2015 o quello coniato per i 100 anni del Giro d’Italia e marchi la cui storia é ancora da ricostruire.
Nel terzo tracciato troviamo i marchi adottati da chi i marchi li progetta, ovvero i graphic e le agenzie di comunicazione.
L’ultima sezione del museo accoglie le schede monografiche dedicate ad alcune delle grandi matite che hanno fatto nascere famosi marchi italiani, da Armando Testa a Bob Noorda.

Il museo é nato dall’idea e l’impegno di quattro designers partenopei: Raffaele Fontanella, Maurizio Di Somma, Marcello Cesar e Francesco Ruta che, partendo dall’iniziale ricerca finalizzata alla realizzazione di un libro, hanno saputo vedere e andare oltre.
Ho dialogato a lungo con Raffaele Fontanella e gli ho chiesto di mandarmi due righe che potessero fare da traccia per un articolo.
Mi ha inviato una cartella zeppa di interviste, articoli, recensioni, notizie, in mezzo ai quali mi sono quasi persa. 
Come si dice, “tanta roba”! 

Anche perché il MuMit ogni tanto si materializza su pannelli e sale in aereo, nave o camion e diventa “Temporary Museum” , viaggiando per Spagna, Ucraina, Marocco, Svezia, Qatar, Turchia, Svizzera…anche per l’Italia certo ma, come mi ha confermato Fontanella, é apprezzato, richiesto e visitato molto di più all’estero.
A riprova che, quando si parla di Made in Italy, il detto napoletano “Ogne scarrafone é bell’à mamma soja” non funziona molto; per fortuna ci sono dei visionari, come i curatori del MuMit o noi dell’Osservatorio, che alla bellezza di questi “scarrafoni” ci credono.

Tiziana Sartori