sfoAltroconsumo, famosa Associazione Consumatori oltre che – o principalmente – editore di un certo numero di testate è stato tra i protagonisti di una cosa che definirei quantomeno “curiosa”.

L’Osservatorio Monografie Istituzionali d’impresa é un’associazione culturale ed aveva un suo conto corrente presso Unicredit. Gli estremi di questo conto sono pubblicati nel nostro sito, nella pagina dedicata alle donazioni. E’ una prassi molto comune: online sono reperibili i codici IBAN perfino dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, non siamo quindi un caso raro, generato dalla nostra ingenuità.

Il 7 aprile 2015, controllando l’estratto conto rileviamo un addebito di 2,00 euro in data 02-03-2015 così descritto: Addebito SEPA DD per fattura a vostro carico SDD da IT150010000009503590151 Altroconsumo Edizioni srl mandato n. 5583144501883-16 per abbonamento Altroconsumo.

Abbiamo forse sottoscritto un abbonamento? No!
Su internet scopriamo che è l’abbonamento di prova per 2 mesi e che, se non viene disdetto, è automaticamente rinnovato per altri 3 mesi al costo di 17,60 euro.

E nel nostro conto corrente troviamo infatti, in data 01–04-2015, un addebito di tale cifra, con analoga causale….

Telefoniamo ad Altroconsumo per avere chiarimenti. Tranquilli e sereni ci dicono che a loro risulta regolarmente sottoscritto un abbonamento il cui pagamento è appoggiato al nostro IBAN. Ma l’abbonamento è a nome nostro? No.

Ci mandano, come unico sostegno lo screenshot della loro scheda/cliente dal quale si evince che un certo Signor Trodelli Luigi, via Veterinaria 5B 80131 Napoli ha sottoscritto l’abbonamento il 24 gennaio.

Noi siamo a Verona, non conosciamo nessun Signor Trodelli, l’indirizzo corrisponde alla Facoltà di Veterinaria dell’Università di Napoli (branca dello scibile totalmente estranea alle nostre finalità), non c’è l’indirizzo email, il numero di cellulare riportato è inesistente e, si sa, un codice fiscale si compila facilmente anche con dati inventati.

E quindi? Il servizio “Relazioni con i Soci” di Altroconsumo ci dice che – se vogliamo annullare i pagamenti effettuati – dobbiamo rivolgerci alla nostra banca, non a loro.

In banca, per revocare i pagamenti preferiscono che la nostra richiesta sia supportata da una denuncia.
Il 9 aprile andiamo dai Carabinieri per una “querela orale” contro ignoti (Prot. Verbale: VRCS042015VD901636) e con questa ritorniamo in banca.
Sempre il 9 aprile, ci vengono fatti i rimborsi relativi agli addebiti del 2 marzo (2,00 euro) e 1 aprile (17,60 euro).

Bene! direte voi. Non proprio: ciascuna di queste operazioni ci costa 2,00 euro.

In pratica, per riavere i 19,60 euro sottratti indebitamente abbiamo speso 4,00 euro, oltre al (tanto) tempo perso.
Senza dimenticare il costo – per l’Arma dei Carabinieri e quindi per la Società – della ricezione della nostra denuncia.

Non vogliamo nemmeno pensare chi, ma qualcuno ci marcia.
Con una superficiale indagine in rete abbiamo trovato altri casi analoghi, alcuni già del 2006, quando i pagamenti SEPA (che dovrebbero offrire maggiori tutele) ancora non c’erano.
Ma sempre per abbonamenti ad Altroconsumo, a cui rimproveriamo solo di non aver preso posizione o promosso azioni a tutela dei tanti consumatori che hanno vissuto la nostra esperienza. Oltre a rimproverare al sistema SEPA di non tutelare adeguatamente gli interessi dei cittadini europei.

In conclusione, chi ha pagato siamo stati noi, tanto per cambiare.

Noi, che nello specifico siamo un’associazione culturale senza scopo di lucro, senza finanziamenti pubblici, con un conto corrente che, di zeri, ne ha solo due: quelli dopo la virgola.